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Perchè “The Social Dilemma” non dice tutto sui Social Network

The Social Dilemma è senza dubbio il documentario più chiacchierato dell’ultimo periodo. Il docudrama americano uscito quest’anno, diretto da Jeff Orlowski, scritto da Orlowski, Davis Coombe e Vickie Curtis e diffuso da Netflix, sta spopolando tra gli utenti della piattaforma di streaming in abbonamento, innescando dibattiti trasversali a tutte le fasce d’età ed estrazione sociale.

In 89 minuti gli autori ci mostrano la doppia faccia dei Social Media, i meccanismi che li governano, gli scopi passati, presenti e futuri, i risvolti anche inaspettati che stanno avendo sulla vita nelle persone. Sfaccettature raccontate tra l’altro da professionisti che hanno contribuito in maniera rilevante allo sviluppo dell’intelligenza artificiale e che ora si dicono preoccupati, assumendo ancora più credibilità.

Dalla manipolazione delle menti, alla polarizzazione del pensiero critico e alla disinformazione e le fake news, fino alla riduzione dell’utente in un mero “prodotto” da vendere. Questi concetti si sviluppano in un mix di  interviste – testimonianze di personaggi rilevanti che hanno lavorato in posizioni apicali a Facebook, Google, Twitter, Pinterest, ma anche di sociologi, psichiatri esperti in dipendenze, scrittori – che si intrecciano con una storia di vita reale che vuole dimostrare come attraverso meccanismi che conducono alla dipendenza dai social, una mente – soprattutto se giovane – possa essere manipolata sia nella considerazione che ha di sè, sia rispetto alla visione che ha del mondo, comprese le teorie cospirazioniste.

I Social Network vogliono solo manipolarci?

L’assunto da cui si parte è che non di tutti i risvolti avuti dai social  network era stato previsto l’impatto che avrebbero avuto sulla società e in particolare sulle menti più deboli. Un esempio banale delle conseguenze di social come Facebook, Twitter, Instagram sulle nostre vite è quello dell’implementazione del punsante “like” di Facebook che ci viene raccontato in The Social Dilemma  proprio da Justin Rosenstein, il programmatore che ci ha lavorato.

Il cofondatore di Asana e coinventore di Google Drive, Gmail Chat e del pulsante “like” di Facebook descrive come quella feature di Facebook avesse lo scopo iniziale di rafforzare la community, senza immaginarne lontanamente le eventuali ripercussioni, come il suo risvolto sulla vita di un adolescente che si sarebbe potuto sentire discriminato dal numero di like ricevuti ad una foto, con conseguenze depressive sul suo sviluppo psicologico.

Nella prospettiva più meramente economica, i social network vengono additati come macchine da soldi alla mercè del capitalismo sia per l’aspetto della sorveglianza con il condizionamento delle menti, sia per la commercializzazione dei dati personali.
Idea avallata dal documentario, che si sviluppa trasmettendo messaggi nei momenti cardine attraverso citazioni, tra cui la più celebre (e quella che proprio sui social network è diventata più virale in associazione al documentario) è:

Se non devi pagare per il prodotto, il prodotto sei tu

Ma i Social Network sono davvero solo questo? Facebook ha risposto al documentario, al momento come unica voce tra gli altri giganti delle piattaforme Social, con il documento What the Social Dilemma Gets Wrong la cui versione integrale puoi leggere qui.

Cosa dice il documento di risposta di Facebook a The Social Dilemma

Per riassumere il colosso social di  Mark Zuckerberg, che tanto sta lavorando per “salvaguardare” i suoi utenti rispetto all’impatto che Facebook e i social network possono avere sulle loro vite, rivolgendosi in prima persona ai suoi iscritti, ha voluto mettere in evidenza i punti in contrasto con il messaggio che traspare dal documentario The Social Dilemma, additato come “sensazionalistico”:

  1. DIPENDENZA: Facebook costruisce i suoi prodotti per creare valore, non dipendenza
  2. TU NON SEI IL PRODOTTO: Facebook è finanziato dalle imprese, così che l’utente resti libero
  3. ALGORITMO: L’Algoritmo di Facebook non è pazzo, aiuta a creare una piattaforma con contenuti rilevanti e utili per ogni utente
  4. DATI PERSONALI: Facebook ha sviluppato miglioramenti per proteggere la privacy delle persone
  5. POLARIZZAZIONE: Stiamo prendendo provvedimenti per ridurre i contenuti che potrebbero indurre alla polarizzazione
  6. ELEZIONI: Facebook ha investito per proteggere l’integrità delle elezioni
  7. DISINFORMAZIONE: Combattiamo disinformazione, fake news e contenuti nocivi utilizzando una rete globale di partner per il controllo dei fatti.

A chi visionerà il documentario di Netflix, l’ardua sentenza dell’esito di questo duello tutto digitale.
Guarda il trailer e scopri tutti i protagonisti del documentario in questo articolo di Tgcom24

 Il vero messaggio dietro The social Dilemma

Sono le persone critiche i veri ottimisti

Qual è il vero epilogo allora? I social network si esaurirebbero in una gigantesco mezzo utilizzato dall’intelligenza artificiale per impossessarsi in maniera subdola della nostra mente e quindi dei nostri dati personali? Ovviamente no! E gli autori del documentario lo sanno bene. Non serve alcuna battaglia contro i social network, nati con uno scopo positivo e che permettono innumerevoli benefici per mettere in comunicazione le persone, ma anche per creare opportunità di business reali e concrete per le aziende.

Certo è che ci sono delle battaglie etiche connesse all’intelligenza artificiale da combattere, buchi normativi da colmare con leggi al più presto, menti deboli da salvaguardiare con lo sviluppo di una cultura digitale sempre più estesa. Il messaggio del documentario è chiaro: il pensiero critico ci salverà.

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